“È stato interessante progettare il MAXXI a strati, come fosse un grosso e compatto pezzo di storia condensato in un istante”. Zaha Hadid è sintetica e visionaria nel raccontare come ha disegnato il Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Con poche parole, evoca un’immagine che sembra di poter toccare, ne percepiamo i contorni, capiamo che non possono essere rigidi o definiti come vorrebbe il canone per un edificio di questo tipo; le sue morbidezze, le linee dolci, il cemento levigato, concorrono al senso di disordine organizzato caro al decostruttivismo e, semplificando, a quella fluidità che qui è la relazione stessa tra uomo e ambiente.
È Roma che gioca con il contemporaneo e alimenta la freschezza di uno spirito che dopo tre millenni ha ancora voglia di sorprendersi. Ci sembra che il MAXXI possa essere anche questo, il riflesso di una città che ci posserva mentre scriviamo le nostre storie tra le sue strade e ci lascia la libertà di manipolare l’esistente per permetterci di vivere di fronte al passato senza esserne solo spettatori. I suoi volumi complessi variano e si intersecano tuffandosi gli uni negli altri, la luce naturale filtrata dal sistema di copertura che protegge le gallerie, diventa ora più generosa, ora più contrastata, entrando a onde dalle finestre che si aprono improvvise: tutto è flusso, anche la sua piazza, che dal Duemila è un brulicare di vitalità, un punto di aggregazione e scambio in dialogo con la sonnecchiante ex caserma circostante, che aspetta paziente il momento per rifiorire, una dinamica tra azione e attesa.
Con gli orecchini ispirati al MAXXI abbiamo tradotto questo senso di movimento e stasi e riflettuto su come un’architettura possa essere anche materia che scorre. Così, da una curva appena accennata, con un lato che si appoggia sul lobo per vestirlo, scivolano sicuri sul profilo del viso e lo accarezzano. La novità per Co.Ro., le frange, è stata un’intuizione che ci ha quasi colto di sorpresa quando abbiamo guardato la struttura dall’alto e in pianta e gli occhi hanno iniziato a correre e danzare sulle sue diramazioni.
Come il MAXXI ha superato il concetto di museo-contenitore ritagliandosi un’identità sua, vera nella diversità, così gli orecchini con cui ne seguiamo il profilo ci proiettano in una prima volta che è inaspettatamente un po’ più glamour. Ci piace pensarli come una concessione alla libertà creativa, un’iperbole da indossare con ironica leggerezza. Quando? Fuori contesto, per non prendersi troppo sul serio e aprire piccoli spiragli pindarici sulla quotidianità.